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Grafico - Dalla Corte di Cassazione lumi sull'inquadramento professionale e sulle peculiarità dell'attività giornalistica

Mercoledì 12/12/2018, a cura di TuttoCamere.it


Gli estremi del caso. Un lavoratore, inquadrato come "grafico multimediale", ricorre in giudizio contro la propria azienda, in quanto pretende un inquadramento professionale superiore, come "giornalista".

Per il lavoratore infatti, la sua attività è caratterizzata da un alto grado di creatività nella scelta e dell'elaborazione delle notizie da pubblicare, tali da conferirgli una qualifica superiore.

La Corte d'Appello riforma la sentenza di prima grado condannando l'azienda, la quale ricorre in Cassazione.

La decisione della Corte. La Suprema Corte, Sezione lavoro, con la sentenza n. 29411, depositata il 15 novembre 2018 (R.G.N. 14787/2015), ha confermato la condanna dell'azienda al pagamento delle differenze retributive da versare e il diverso inquadramento professionale per il lavoratore.

Data la lacuna legislativa della definizione di "giornalista" (né la legge professionale n. 69 del 3 febbraio 1063, né il contratto collettivo definiscono il contenuto dell'attività giornalistica). nel corso degli anni la Cassazione ha privilegiato una nozione elastica della professione adattandola alla evoluzione e al cambiamento del giornalismo.

Secondo la Corte, "il legislatore si sarebbe consapevolmente astenuto dal definire l'attività giornalistica, non già per cristallizzare la sua concezione tradizionale ma proprio per consentire di applicare il sistema di tutela normativa a qualsiasi forma qualificata del pensiero svolgentesi non solo attraverso lo scritto (stampa) o la parola (servizi giornalistici della radio o della televisione) ma anche attraverso immagini idonee ad assolvere, in via di completamento e di sostituzione degli altri mezzi espressivi, la medesima funzione informativa".

Si è in tal modo privilegiata una nozione elastica di giornalista da adattarsi alla rapida evoluzione della professione ed al cambiamento dell'ordinaria concezione del giornalismo oltre che dello stesso modo di intendere, realizzare e leggere un giornale.

Così si è fatto ricorso a criteri di comune esperienza stabilendosi che l'attività giornalistica si contraddistingue in primis per l'elemento della creatività di colui che, con opera tipicamente (anche se non esclusivamente) intellettuale, raccoglie, commenta ed elabora notizie volte a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale "mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso attraverso un messaggio (scritto, verbale, grafico o visivo), con il compito di acquisire la conoscenza dell'evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio con apporto soggettivo e creativo". Nel caso di specie in particolare, la suprema Corte chiarisce che l'attività del lavoratore "non si esauriva nel mero conferimento di una forma alle notizie da pubblicare e quindi nella mera trasposizione grafica delle notizie stesse", ma comportava una specifica attività di acquisizione ed elaborazione delle informazioni, contribuendo al contenuto vero e proprio delle notizie.

L'attività svolta dal lavoratore era infatti costituita dal confezionamento dei messaggi con apporto soggettivo e creativo attraverso la predisposizione dei titoli, delle sigle, dei fillers, e cioè attraverso modalità espressive che, pur differenti, avevano tutte valenza informativa ed erano adottate proprio in funzione della peculiare caratteristica dell'informazione resa.

Per scaricare il testo della sentenza n. 29411/2018 clicca qui.

Fonte: https://www.tuttocamere.it
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