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Datore installa telecamere ma le tiene spente: per Cassazione è reato

Mercoledì 09/11/2016

a cura di Studio Legale Mancusi


E' reato la predisposizione, da parte del datore di lavoro, di apparecchiature idonee, nella specie telecamere, a controllare a distanza l'attività dei lavoratori e per la sua punibilità non è richiesta la messa in funzione o il concreto utilizzo delle attrezzature essendo sufficiente l'idoneità al controllo a distanza dei lavoratori e la sola installazione dell'impianto.

E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione III Penale, con la sentenza del 26 ottobre 2016, n. 45198, mediante la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso e confermato quanto già deciso dal Tribunale di Ascoli Piceno.

La vicenda
La pronuncia traeva origine dal FATTO che con sentenza del 23 dicembre 2013 il Tribunale di Ascoli Piceno ha condannato i signori GAMMA e BETA alla pena euro 1.000,00 di ammenda per il reato di cui agli artt. 4, commi 2 e 3, e 38 I. 300/70 e 114 d.lgs. 196/2003 per avere, quali amministratrici della Società S.r.l., esercente un night club, installato e posto in funzione nei locali di tale club impianti ed apparecchiature audiovisive dalle quali era possibile controllare a distanza l'attività dei lavoratori dipendenti, in assenza di accordo con le rappresentanze sindacali e con la commissione interna e senza osservare le modalità indicate dalla locale Direzione Territoriale del lavoro.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando l'errata interpretazione delle deposizioni testimoniali da parte del Tribunale, avendo uno solo dei testi escussi riferito della presenza di una sola telecamera, di cui non era neppure stata accertata la funzionalità, ed avendo l'unica telecamera esistente funzione difensiva, essendo prossima alla cassa e volta quindi a prevenire ed accertare comportamenti illeciti dei dipendenti, e non anche a raccogliere notizie sulla attività lavorativa dei dipendenti stessi.

La decisione
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 45198/2016, ha dichiarato i ricorsi inammissibili.

Rammenta la Corte che:


l'art. 4 L. 300 del 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori) vieta espressamente l'uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti che consentano il controllo a distanza dei lavoratori, permettendone l'installazione, se richiesti da esigenze organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale, solamente previo accordo con le rappresentanze sindacali unitarie o con quelle aziendali, o, in mancanza di accordo, previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro.


La disposizione, tuttora vigente, pur non trovando più sanzione nell'art. 38, comma 1, della medesima I. 300 del 1970, a seguito della soppressione del riferimento all'art. 4 nel suddetto art. 38, comma 1, da parte dell'art. 179 d.lgs. 196 del 2003, prevede una condotta criminosa rappresentata dalla installazione di impianti audiovisivi idonei a ledere la riservatezza dei lavoratori, qualora non vi sia stato consenso sindacale (o autorizzazione scritta di tutti i lavoratori interessati, cfr. Corte di Cassazione, Sezione III, n. 22611 del 17/04/2012) o permesso dall'Ispettorato del lavoro.

Si tratta di un reato di pericolo, essendo diretto a salvaguardare le possibili lesioni della riservatezza dei lavoratori, con la conseguenza che per la sua integrazione è sufficiente la mera predisposizione di apparecchiature idonee controllare a distanza l'attività dei lavoratori, in quanto per la punibilità non è richiesta la messa in funzione o il concreto utilizzo delle attrezzature (Corte di Cassazione, Sezione III, n. 4331 del 12/11/2013), essendo sufficiente l'idoneità al controllo a distanza dei lavoratori (cfr. Corte di Cassazione, Sezione III, n. 8042 del 15/12/2006) e la sola installazione dell'impianto (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 2722 del 23/02/2012).

Fonte: http://www.avvocatoamilcaremancusi.com
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